Tra un paio di settimane suona Vasco

“Tra un paio di settimane suona Vasco in acustico in mezzo a un bosco a quasi 2000mt, io penso di andare magari interessa anche a voi.”, incominciava così il messaggio di Paolo arrivato a inizio dello scorso luglio sul gruppo ‘concerti’ di messenger. Gruppo nato nell’inverno precedente in occasione di una macchinata per andare a sentire Giorgio Canali una sera tra le nebbie del cremasco.
A dirla tutta, a me di andare a sentire Vasco non è che mi andasse molto a genio, però in montagna, in acustico, a 2000 metri erano variabili che potevano far pendere l’ago della bilancia… Poi c’era un link a Il richiamo della foresta – Festival.

Le adesioni all’iniziativa scarseggiano, anzi non ci sono proprio, e la cosa rimane un po' in sospeso fino a quando trovo il tempo di dare un occhio al sito del festival che mi incuriosisce non poco.
In breve, io e Paolo ci organizziamo per partecipare al festival e per passare almeno una notte e salire a Estoul, perché si sa che in montagna dalla pianura si sale.
Il programma era interessante e, fatti i conti con gli impegni lavorativi e famigliari, si decide di partire per essere nel pomeriggio di sabato nel bosco e starci fino al calar del sole di domenica tra dibattiti, musica e passeggiate. Dopo vari ritardi accumulati e un viaggio in auto, nella calura afosa della pianura padana in luglio, senza aria condizionata arriviamo finalmente alla radura dove ci sono i tendoni. L’aria è fresca, fredda e incomincia a piovere. Il tendone dove si tengono gli appuntamenti del festival è pieno di gente ma siamo già ai saluti finali. Ci mettiamo in fila per il tendone della cucina dove troviamo ristoro anche grazie alla corroborante zuppa valdostana.
Al tavolo con noi una famiglia con della bambine, la più grande delle quali avrà avuto 5 anni, che rimangono diffidenti davanti alla rana origami che Paolo ha realizzato piegando con cura uno scontrino e che gli ha regalato. Poco più in là Erri De Luca che interverrà il giorno seguente.
Il buio è ormai calato, non piove più e sul palco sta per incominciare il concerto. Prendiamo posto e ci apprestiamo a partecipare a una performance acustica, quasi intima, di Vasco, non quello nazional popolare per il quale probabilmente non mi sarei mosso da casa, ma Vasco Brondi, quello de Le luci della centrale elettrica. Concerto bello, emozionante, partecipato e volato via in un attimo. Le parole che conservano tutta la loro potenza accompagnate da arrangiamenti più dolci e intervallate da letture.
Poi la notte, le stelle e il sentiero verso casa a filosofeggiare della vita.

La mattina seguente ritorniamo a Estoul, le attività sono riprese, ci sono persone che fanno yoga sul prato e la zona dei tendoni è tutta un brulicare di vita. Adulti, bambini e animali si muovono con naturalezza come se sapessero già tutti dove andare, come se tutti fossero a casa. Una voce che ci arriva all’orecchio decanta una passeggiata ai laghetti in quota, una puntata a una vetta ci permetterebbe di fare un giro ad anello per ritornare a Estoul. Allora si parte pronti per il ritorno dopopranzo ma la montagna ha i suoi tempi e facciamo ritorno sotto la pioggia giusto in tempo per acquistare delle magliette del festival e ritornare verso la pianura. Il sole ritorna a fare capolino tra le nuvole e siamo pronti per una partenza con la promessa di ritornare nel 2019 da soli o meglio con la famiglia e gli amici per condividere un’esperienza culturale non banale.

Solo a casa a distanza di mesi, dopo aver visto un’intervista, ho realizzato che quel tipo dalla barba rossa che dava l’impressione di essere uno degli organizzatori e che spesso saliva sul palco era Paolo Cognetti, colui il quale mi ha fatto rivivere le mie vacanze dell’infanzia tra le pagine de Le otto montagne.

 

Alessandro Boni
2018