
Pensione, chi ci andrà dal 2026: le nuove regole - Ilrichiamodellaforesta.it
Quando andranno in pensione gli italiani? La svolta epocale potrebbe arrivare già tra pochi mesi: cosa accadrà nel 2026.
Si apre una fase cruciale per il sistema previdenziale italiano con la prossima legge di Bilancio, che potrebbe segnare una svolta epocale nella disciplina delle pensioni.
Al centro del dibattito c’è l’eventuale superamento della parte più controversa della legge Fornero, approvata nel 2011, che lega l’età di pensionamento all’andamento delle aspettative di vita. Questa norma prevede, infatti, un progressivo aumento dei requisiti anagrafici per l’accesso alla pensione, con un nuovo incremento già previsto nel 2027.
La legge Fornero e l’adeguamento biennale all’aspettativa di vita
La riforma previdenziale voluta dal governo Monti nel 2011 ha introdotto un meccanismo di adeguamento biennale dei requisiti pensionistici in base all’allungamento della vita media degli italiani. L’obiettivo era garantire la sostenibilità finanziaria del sistema, considerando che un aumento della longevità comporta un periodo più lungo di erogazione delle prestazioni pensionistiche. Non si trattava, quindi, di una decisione della stessa legge Fornero di aumentare l’età pensionabile in modo automatico, ma di una modifica che ha reso più frequenti gli adeguamenti, riducendo gli intervalli temporali tra un aumento e l’altro.
Dopo l’ultimo aumento di 5 mesi intervenuto nel 2019, l’Istat ha confermato che nel 2027 è previsto un nuovo incremento di 3 mesi per la pensione di vecchiaia e anticipata, che porterebbe l’età pensionabile a circa 67 anni e 3 mesi. Il governo italiano, tuttavia, ha manifestato l’intenzione di eliminare questa parte della legge Fornero o almeno di bloccare l’adeguamento in programma, per evitare che l’età pensionabile continui a salire. Il sottosegretario al Ministero del Lavoro, Claudio Durigon, ha ribadito più volte che non ci sarà alcun aumento nel 2027, assicurando l’introduzione di un provvedimento ad hoc.
Il vero nodo resta però la disponibilità delle risorse economiche necessarie: bloccare l’adeguamento all’aspettativa di vita comporta un onere finanziario significativo, stimato in diversi miliardi di euro, che può essere coperto solo attraverso la manovra finanziaria annuale. Questo pone il governo di fronte a un dilemma, considerando anche le altre priorità di spesa, come la conferma degli sgravi contributivi per i lavoratori. Si sta inoltre valutando un aumento della flessibilità previdenziale, con l’introduzione di formule come la cosiddetta Quota 41 flessibile, che permetterebbe di andare in pensione a 62 anni con almeno 41 anni di contributi, accettando però una decurtazione sull’assegno pari al 2% per ogni anno di anticipo.

Tale penalizzazione potrebbe essere esclusa per chi ha un Isee inferiore a 35.000 euro, introducendo così un elemento di equità sociale. Se il governo non dovesse riuscire a reperire i fondi necessari per bloccare l’adeguamento, l’incremento previsto scatterà automaticamente dal 1° gennaio 2027. In questo scenario, l’età pensionabile salirebbe di 3 mesi, portando la pensione di vecchiaia a 67 anni e 3 mesi, mentre per le pensioni anticipate si applicherà un analogo innalzamento.
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha affermato che si sta lavorando per una “sterilizzazione dell’aumento”, ma si tratterebbe in ogni caso di un congelamento temporaneo, mantenendo invariati i requisiti degli anni 2025 e 2026 anche per il biennio successivo. Il problema, quindi, si ripresenterà con forza nel 2029-2030, visto che l’aspettativa di vita continuerà a crescere, anche se la pandemia ha temporaneamente rallentato questa tendenza. La questione delle pensioni rimane un tema caldo e complesso, dove le decisioni del governo dovranno trovare un equilibrio tra sostenibilità finanziaria e tutela dei diritti dei lavoratori, con uno sguardo attento alle risorse disponibili e alle esigenze sociali in evoluzione.