
Pensioni: le novità del 2026 - (ilrichiamodellaforesta.it)
In vista del 2026, il sistema pensionistico italiano è al centro di un’importante fase di revisione che vede la convivenza tra la riforma Fornero e le nuove misure previdenziali proposte dal governo.
La necessità di rivedere le regole di accesso alla pensione nasce dall’esigenza di adattare la normativa alle mutate condizioni economiche e demografiche, con particolare attenzione al rafforzamento della previdenza complementare come complemento indispensabile della previdenza obbligatoria.
Le novità sulle pensioni nel 2026: tra conferme e cambiamenti
Con l’avvicinarsi del 2026, è ormai chiaro che alcune misure come la quota 103 e l’opzione donna saranno superate. Questi strumenti, che finora hanno offerto percorsi agevolati di pensionamento, hanno registrato una scarsa adesione da parte dei lavoratori e pertanto non saranno più necessari nel nuovo quadro normativo. Tuttavia, ciò non implica l’abbandono della riforma Fornero, che continuerà a rappresentare il fulcro del sistema pensionistico italiano.

In particolare, per la pensione di vecchiaia nel 2026 resterà valido il requisito anagrafico di 67 anni, insieme a un minimo di 20 anni di contributi versati. Una novità significativa riguarda coloro la cui carriera contributiva è iniziata dopo il 31 dicembre 1995: in questo caso sarà necessario raggiungere una pensione che sia almeno pari all’importo dell’assegno sociale, che supererà i 540 euro mensili. Questo aspetto è rilevante perché le pensioni calcolate con il sistema contributivo puro non beneficiano di maggiorazioni, rendendo più arduo il raggiungimento della soglia minima.
Per quanto concerne la pensione anticipata, rimane confermata la possibilità di accesso senza limiti di età con 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini. Tuttavia, chi intende usufruire della pensione anticipata a 64 anni dovrà dimostrare un importo della pensione pari almeno a tre volte l’assegno sociale, ossia più di 1.620 euro mensili, un requisito particolarmente stringente.
Il 2026 vedrà la conferma di alcune misure che tutelano categorie particolari come disabili, disoccupati, caregiver e lavoratori impegnati in mansioni gravose. Tra queste spiccano la quota 41 precoci e l’Ape sociale. La quota 41 precoci consente l’uscita senza limiti di età con almeno 41 anni di contributi, di cui almeno un anno versato prima dei 19 anni. L’Ape sociale, invece, permette di andare in pensione con almeno 63 anni e 5 mesi di età e con un minimo di 30 o 36 anni di contributi, a seconda della categoria lavorativa.
Tra le ipotesi più rilevanti per il prossimo anno si segnala la possibilità di estendere l’accesso alla pensione anticipata a 64 anni anche a coloro che hanno versato contributi in epoca retributiva (cioè prima del 1996), con una soglia minima di 25 anni di contributi. Inoltre, sarà possibile utilizzare la previdenza complementare per raggiungere l’importo minimo richiesto di tre volte l’assegno sociale, come già avviene oggi per i lavoratori con calcolo contributivo puro. Ciò significa che la rendita maturata nei fondi pensione o il TFR destinato alla previdenza complementare potrà facilitare il pensionamento anticipato.
Una delle novità più attese è l’introduzione di una quota 41 flessibile, accessibile a partire dai 62 anni di età. Questa misura consentirebbe di lasciare il lavoro con 41 anni di contributi ma con una penalizzazione del 2% sull’assegno pensionistico per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni ordinari. Il taglio massimo non supererebbe il 10%, corrispondente a un’uscita a 62 anni con cinque anni di anticipo.