
Pensioni nel 2026: cosa cambia - (ilrichiamodellaforesta.it)
Sembra delinearsi una enorme novità per chi desidera andare in pensione nel 2026: ecco cosa cambia il Governo
Il tema pensionistico continua a generare dubbi e preoccupazioni, soprattutto per chi ha alle spalle carriere lavorative brevi e si avvicina all’età della pensione con il minimo indispensabile di versamenti. In vista del 2026, molti contribuenti si chiedono se i 20 anni di contributi saranno ancora sufficienti per accedere a un trattamento previdenziale, oppure se l’asticella sarà alzata a 25 anni, come trapela da alcune ipotesi di riforma.
Le richieste di chiarimenti arrivano quotidianamente: c’è chi ha da poco superato i 65 anni e, terminata la Naspi, si domanda se potrà andare in pensione con 66 anni e poco più di 20 anni di contributi. Altri temono che il progetto pensionistico costruito negli anni possa sfumare a causa di un eventuale innalzamento dei requisiti minimi, temendo di trovarsi “scoperti” nonostante i 23 anni di versamenti.
Come spesso accade quando il governo discute nuove misure nella legge di Bilancio, il clima di incertezza non manca. Le anticipazioni parlano infatti della possibilità di elevare a 25 anni la soglia contributiva utile non solo per alcune forme di pensione anticipata, ma anche per il trattamento di vecchiaia ordinario. Già nel 2025 si è registrato un primo segnale: in determinati casi, per l’accesso alla pensione anticipata contributiva, è stato richiesto un montante minimo di 25 anni, anziché i consueti 20.
Tuttavia, il quadro generale resta invariato: la pensione anticipata contributiva continuerà a richiedere, anche nel 2026, almeno 64 anni di età, 20 anni di versamenti e un assegno pari ad almeno tre volte l’importo dell’assegno sociale. Il vincolo dei 25 anni, invece, entra in gioco solo per chi non raggiunge questa soglia economica e intende ricorrere alla previdenza complementare.
Vecchiaia con 20 anni di contributi: requisiti confermati
La regola dei 20 anni rimane valida anche per la pensione di vecchiaia ordinaria. Nel 2026 serviranno dunque 67 anni compiuti e almeno 20 anni di contributi, salvo i casi di lavoratori “contributivi puri”, ossia coloro che hanno iniziato a versare dopo il 1995: per loro è necessario che l’assegno superi il valore dell’assegno sociale.

Un capitolo a parte riguarda le lavoratrici: per ogni figlio avuto è previsto uno “sconto” di 4 mesi sull’età pensionabile, fino a un massimo di 16 mesi. Ciò significa che, con quattro figli, si potrà lasciare il lavoro a 65 anni e 8 mesi. Lo stesso meccanismo si applica anche alla pensione anticipata contributiva, che dal requisito standard di 64 anni può ridursi fino a 62 anni e 8 mesi.
Esiste infine un’opzione che consente di lasciare il lavoro molto prima: la pensione di vecchiaia anticipata per invalidi. Con almeno 20 anni di contributi, le donne possono accedere al trattamento a partire dai 56 anni, mentre gli uomini dai 61. In questo caso è necessario che venga riconosciuta un’invalidità pensionabile pari almeno all’80%, calcolata sulla mansione effettivamente svolta. Una volta ottenuto il riconoscimento, decorre una finestra di 12 mesi prima di ricevere il primo assegno.