
I limiti normativi sul pignoramento di pensioni e assegni sociali (www.ilrichiamodellaforesta.it)
Il tema del pignoramento della pensione e dell’assegno sociale continua a destare preoccupazioni tra i pensionati.
Sebbene la normativa italiana preveda limiti stringenti per tutelare il cosiddetto “minimo vitale”, nella pratica possono verificarsi situazioni in cui l’INPS trattiene gran parte o addirittura l’intera somma dovuta.
La legge italiana stabilisce che, in caso di debiti, il creditore può avviare il pignoramento della pensione tramite la procedura di pignoramento presso terzi, con l’INPS che funge da terzo pignorato. In questo scenario, vige una soglia di tutela: una pensione fino a circa 1.616 euro mensili – corrispondente a tre volte l’importo dell’assegno sociale – non può essere oggetto di pignoramento. Solo la parte eccedente tale importo è pignorabile, e fino a un massimo del 20% (un quinto).
In teoria, questa misura garantisce ai pensionati con assegni bassi o medi una protezione adeguata, assicurando loro un reddito minimo per la sopravvivenza. Tuttavia, la realtà risulta spesso più complessa: il rischio di vedersi trattenere una quota significativa della pensione persiste, soprattutto in presenza di interpretazioni giurisprudenziali non uniformi o di casi particolari.
Quando il creditore è l’INPS: un diverso trattamento per il recupero del debito
La situazione diventa ancor più delicata quando il debito è contratto direttamente nei confronti dell’INPS. In questi casi, infatti, l’ente previdenziale può procedere con trattenute che superano i limiti normalmente previsti dal Codice di Procedura Civile, in particolare dall’articolo 545 che tutela il minimo vitale.
Ad oggi, il minimo vitale è fissato intorno a 1.000 euro mensili, e ciò significa che solo la parte della pensione eccedente questa soglia può essere pignorata, e comunque non oltre un quinto. Tuttavia, nel caso di debiti verso l’INPS, le trattenute possono arrivare a coinvolgere l’intera pensione o assegno sociale, lasciando al pensionato solo l’importo del trattamento minimo, che per il 2025 è pari a 603 euro mensili.
Sono numerose le segnalazioni di pensionati che, a causa di debiti diretti con l’ente, si sono trovati privati di quasi tutto il loro reddito pensionistico per i mesi necessari al recupero del credito. Questo meccanismo, sebbene legale, crea un forte impatto sulle condizioni di vita dei soggetti più fragili, che spesso si ritrovano senza risorse sufficienti per far fronte alle spese quotidiane.

Il fenomeno del pignoramento pensionistico sottolinea la delicatezza del rapporto tra tutela del credito e salvaguardia del diritto al minimo vitale per i pensionati. L’INPS, oltre a erogare le pensioni, svolge dunque anche una funzione di recupero crediti che in alcune situazioni può risultare particolarmente severa.
Per i pensionati che si trovano in difficoltà, è consigliabile rivolgersi a patronati o CAF specializzati per una consulenza mirata, al fine di valutare le possibili azioni a tutela dei propri diritti e di verificare la regolarità delle trattenute operate dall’ente previdenziale.
Giacomo Mazzarella, esperto di fisco e pensioni, sottolinea come “la complessità delle normative e la variabilità delle sentenze rendono indispensabile un’assistenza qualificata per evitare che il recupero crediti si trasformi in una vera e propria privazione del minimo indispensabile per vivere”.
Inoltre, il dibattito sulla necessità di una maggiore tutela per i pensionati più vulnerabili resta aperto, con alcune proposte di legge che mirano a rafforzare i vincoli alle trattenute e a garantire una maggiore trasparenza nelle procedure di pignoramento.